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SCHEDE H - P

Macrì Emanuele (Messina 1906 – 1974)
A diciotto mesi, a causa del terremoto che distrusse Messina il 28 dicembre 1908, rimase sotto le macerie della casa in cui viveva con la sua famiglia e dove quest’ultima perì interamente. Fu estratto due giorni dopo da Mariano Pennisi, un puparo amico di famiglia che lo aveva tenuto a battesimo e che lo portò con sé ad Acireale dove dirigeva l’opera dei pupi. Nonostante le aspettative di Mariano, che avrebbe voluto che Emanuele facesse un’altra professione, egli si appassionò ai pupi e cominciò a lavorare in teatro, coprendo tutti i ruoli, tranne quello di dare voce ai personaggi: il suo iter di animatore iniziò dall’ultima quinta risalendo fino alla prima, muovendo prima i saraceni e poi i cristiani. Quando nel 1933 Mariano si ammalò (morì l’anno seguente) Emanuele lo sostituì con grande successo. Durante la guerra per arrotondare alternava il lavoro di puparo, facendo rappresentazioni domenicali, ad altri mestieri, compreso lo scaricatore. Nel 1953 uscì dalla Sicilia per la prima volta, andando a esibirsi a Roma, dove partecipò alla Mostra dell’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia. Da quella data cominciò a fare rappresentazioni anche all’estero (Austria, Belgio, Germania). Macrì costruiva da solo i pupi (che avevano un’altezza di un metro e trenta circa) e si occupava anche della stesura dei testi adattando le antiche storie della cavalleria: nei suoi spettacoli rappresentava una Rotta di Roncisvalle tratta dalla Chanson de Roland e alcuni brani della Gerusalemme Liberata. Soltanto con la storia della famiglia reale di Francia riusciva a mettere insieme 400 puntate. Dopo la visione di uno spettacolo dei “Piccoli” di Vittorio Podrecca adottò il ponte di manovra mettendo dietro a questo il fondale, riuscendo così a dare più profondità alla scena. E’ stato aiutato fino verso al 1960 dal figlio Salvatore che poi si trasferì negli Stati Uniti, anche se il suo principale collaboratore fu Turi Grasso.

La collezione comprende: 6 pupi, cartoline, volantini e articoli.

Bibliografia
• Pasqualino, 1977
• Pretini, 1985

Magonio Mario(Genova 16/12/1909)
Rimase orfano in tenera età e trascorse la sua infanzia nel Collegio degli Artigianelli, dove divenne operaio meccanico specializzato. A diciotto anni cominciò a lavorare nei Cantieri Navali Ansaldo e nello stesso periodo si sposò con Emma Piombo, da cui ebbe tre figli: Maria Luisa e Albertina, che morirono ancora bambine, e Alberto che nacque nel 1942. Il 16 giugno del 1944 fu arrestato dai Tedeschi sul posto di lavoro e deportato nel campo di concentramento di Mathausen dove per allietare i suoi compagni si fece un burattino con un calza imbottita e dipinta dandogli il nome di Baciccia, maschera genovese resa famosa da Raffaele Pallavicini; grazie alla sue capacità lavorative venne mandato in una fabbrica di carri armati e spostato in un altro campo di prigionia. Nell’estate del ’45 raggiunse a piedi il confine del Brennero, da dove venne fatto rientrare a casa. Due anni dopo insieme al giovane sacerdote Don Francesco Urbano costruirono, usando dei tappi della Val Gardena, le teste dei burattini, cucirono i costumi e dipinsero le scenografie, scrissero insieme la loro prima commedia (i cui protagonisti erano Baciccia e la moglie Texinin) e cominciarono a fare spettacoli la domenica pomeriggio nell’oratorio della chiesa di Nostra Signora delle Vigne. Nel 1951 costruirono delle marionette (alte circa 80 cm e manovrate, ciascuna, da 7 fili) con il relativo teatro e fondali, ma a questa esperienza Magonio preferì i burattini, ai quali ritornò nel 1953 quando tenne una serie di rappresentazioni per gli allievi della scuola “Negrone Durazzo”; il teatro venne rifatto e la compagnia si arricchì di nuovi elementi, riuscendo così a presentare nella sala, che conteneva cinquecento persone, otto burattini contemporaneamente. Per tutti gli anni ‘60 continuò a lavorare con i burattini esibendosi regolarmente anche nelle case private in occasione di compleanni o feste. Partecipò come caratterista ad alcuni film, tra i quali Vizio di Vivere di Dino Risi. Collaborò con il Teatro della Tosse e nel 1976 fondò assieme all’attrice Angela Valle la Compagnia Teatrale “La Giostra”, nella quale i burattini erano in dialogo continuo con gli attori in carne e ossa (tra cui la nipotina di Magonio, Cristina). Da allora ha continuato a lavorare, aggiungendo nuovi personaggi nel suo teatro, come Barudda e Pipia.

La collezione comprende: 1 foto, 1 foglio di presentazione.

Bibliografia:
• Litta Modignani, 1985

Malaguti Umberto (Bologna 19/10/1886 – 1968).
Iniziò come attore di teatro nel 1910, con la compagnia bolognese del Teatro Contavalli diretta da Alfredo Testoni, e soltanto nel 1931 si avvicinò ai burattini, esibendosi con Pilade Zini in Piazza De Marchi. Collaborò con i burattinai dell’area bolognese (Gualtiero Mandrioli, Ciro Bertoni, Bruno Jani, Annibale Cavallari, Demetrio Presini) nonché con Fernanda Francia, attrice del teatro dialettale. Fu un ottimo interprete di Fagiolino, Sandrone e Balanzone. In una intervista rilasciata ad Alessandro Cervellati nel 1936 parlò del repertorio in riferimento alla tipologia del pubblico; dichiarò che il pubblico che assisteva alle sue rappresentazioni lo si poteva dividere in due categorie: il “ceto medio” a cui interessavano le commedie brillanti, e la categoria “popolare” a cui piacevano i drammi a tinte fosche: i testi di questi ultimi venivano ridotti da Malaguti stesso che per dargli sembianza di presunta letterarietà usava, come diceva Piero Menarini “…un linguaggio forbito, colto, quasi aulico”. Tra i suoi spettacoli ricordiamo: Il povero Fornaretto, i Due Sergenti, L’Africana, Pia de’ Tolmei, La forza del destino, La Cenerentola, Guerrino il Meschino, La discesa di Ercole all’inferno, Roberto il diavolo, La Fata Morgana, Maria Giovanna o la famiglia del beone, Il fabbro di Firenze, L’oste e il pellegrino.

La collezione comprende: fotografie, volantini e articoli.

Bibliografia
• Cervellati, 1964
• Litta Modignani, 1985
• Menarini, 1985

Maletti Cesare (Modena 1926 – 1992)
Figlio di Alberto (burattinaio 1901 – 1952) imparò l’arte dell’animazione dal genitore che seguì, lavorando con lui già dall’età di otto anni, prevalentemente nelle provincie di Reggio Emilia e Modena. Durante la seconda guerra mondiale alternò l’attività di burattinaio con quella di elettrotecnico. Tra il 1943 e il 1945 fu partigiano in montagna. Finito il conflitto riprese sia la professione che le rappresentazioni dei burattini facendo spettacoli con il padre e i fratelli, e cercando di svecchiare il repertorio. Nel 1958 formò una nuova compagnia con i fratelli dando vita ad una formazione del Teatro Classico dei Burattini. Costruiva da solo i burattini, scolpendo le teste e le mani in legno di cirmolo o di tiglio. Con il figlio Mario, nato a Modena nel 1947, crea nel 1970 la compagnia “Il Teatro delle Maschere” e gli vengono tributati onori a livello nazionale per Fantasia per un burattino, spettacolo realizzato basandosi su alcuni canovacci dell’800 rivisitati e sulla musica di Rossini.
Collezionista appassionato raccolse burattini, marionette, scenografie, canovacci e copioni che andarono poi a costituire sia una mostra itinerante (“Mostra del Burattino Tradizionale”) che, dal 1983, un Museo – Laboratorio. Alcuni spettacoli che facevano parte del suo repertorio erano: Fantasia di un burattino, 2 tempi e 3 quadri di C. Maletti; L’arpa miracolosa, fiaba musicale in 3 tempi di C. Maletti; La strega Alcina, fiaba in 3 atti di A. Cuccoli; Fasolino e i briganti commedia in 3 atti di A. Cuccoli; Il castello del diavolo, commedia in 3 atti di M. Marchi; Il bastone magico, commedia in 2 atti di A. Cuccoli; Sandrone re dei mamalucchi, 2 tempi 5 quadri di A. Cuccoli; Il Pappagallo della Signora Filippa, 2 atti di A. Cuccoli; I 2 Pandolfi, 3 atti di Zanni; Sandrone e la morte, 1 atto di C. Maletti; Fasolino e Brighella Ministri, 3 atti di U. Ursi; Il principe e il mago, 3 atti di A. Cuccoli.

La collezione comprende: 3 burattini, foto, articoli, volantini.

Bibliografia
• Bergonzini, Maletti, Zagaglia, 1980
• Litta Modignani, 1985
• Pretini, 1985

Maletti Erio (Modena 1932)
Considerato come il più estroso tra i figli di Alberto, lavorò, prima a Modena poi in Romagna, con il padre e il fratello Giorgio. Con la moglie Ada negli anni ‘50 fondò la “Compagnia Italiana Burattinai” che proponeva spettacoli presi dalla tradizione modenese in cui venivano inseriti però anche maschere e personaggi che difficilmente si trovano in tale repertorio (ad es. Gianduia): si esibì lungo la riviera adriatica tra la Romagna e le Marche, spostandosi su un sidecar sul quale caricava tutta l’attrezzatura. In seguito fondò la “Compagnia Teatrale d’Arte Varia e d’Animazione Erio’s” che si può considerare la mitica compagnia girovaga che negli spettacoli alterna i burattini (con le classiche maschere di Fagiolino, Sandrone, Arlecchino ecc.), con numeri di prestidigitazione, clowneria, acrobatici ecc. Questa compagnia rispecchia la vera formazione di Erio che nella sua carriera, oltre a fare il burattinaio, si esibì nei teatri d’avanspettacolo e nei night-club come prestigiatore, mangiafuoco e ballerino. Negli spettacoli fatti in ambiente didattico coinvolgeva attivamente il pubblico degli alunni (facendo anche indossare a loro alcune maschere).

La collezione comprende: 2 poster, cartoline e depliànt, 1 fotografia.

Bibliografia
• Bergonzini, Maletti, Zagaglia, 1980
• Litta Modignani, 1985

Mandrioli Gualtiero (Bologna 31/10/1900 – 15/10/1974).
Rimasto orfano in tenerissima età fu affidato allo zio, che però quando Gualtiero raggiunse l’età per andare a scuola lo mandò in collegio: fu in questo ambiente che lesse per la prima volta Shakespeare e che si appassionò al teatro, tanto che molte volte i compagni lo ascoltavano mentre lui leggeva le commedie. Finita la scuola (fu riformato dal servizio militare perché troppo basso) trovò lavoro come verniciatore. Durante l’estate frequentava spesso le rappresentazioni di burattini date dalla Compagnia Cavadini e Chinelato a Porta S. Vitale, e insistè talmente nel voler apprendere l’arte dell’animazione finchè fu preso nella compagnia come “segretario”: doveva cioè mettere a posto le sedie prima e dopo la rappresentazione. Da lì passò poi all’interno della baracca prima porgendo i burattini ed infine sostenendo piccole parti. La sua passione per il teatro crebbe sempre di più e quando poteva andava a vedere recitare i più grandi attori dell’epoca: Zacconi, Ruggeri, le sorelle Gramatica ecc. Con alcuni amici, tra i quali anche la futura attrice Eva Dominici, creò una compagnia teatrale dando recite durante l’inverno. Continuò così per qualche anno recitando saltuariamente anche in altre compagnie, tra cui quella del Cav. Sabattini dove conobbe Apollonia (Gina) Cangini che sposò il 5 luglio 1923. Poco tempo dopo si ammalò e rimase senza lavorare per quasi tre anni. Una volta ristabilito decise insieme alla moglie di occuparsi solamente di teatro e di burattini: nell’autunno del 1927 lavorarono con la “Compagnia Drammatica Italiana Armando Moruzzi” e dando rappresentazioni burattinesche come “Compagnia dei Coniugi Mandrioli” la domenica pomeriggio. L’anno seguente in primavera cominciarono a fare spettacoli nella provincia di Bologna e in quelle limitrofe riscuotendo un buon successo, e durante l’estae Gualtiero fece da “secondo” ad Arturo Veronesi. Nel 1929, dopo avergli fatto da “secondo”, fondò una compagnia col burattinaio Pilade Zini: il sodalizio però si concluse alla fine di quella stagione e la seguente collaborazione fu con Raffaele Rivani. Oltre a muovere i burattini Gualtiero scriveva i copioni riducendo opere classiche: fu così che mise in scena Il Conte di Montecristo, I promessi sposi, Otello ecc. questi spettacoli occupavano dalle due alle quattro serate ciascuno ed erano molto seguiti da chi non aveva denaro sufficiente per andarli a vedere nel teatro “maggiore”.
Gualtiero Mandrioli continuò tutta la vita a recitare sia nel teatro di prosa che nel teatro d’animazione, ottenendo consensi, collaborando con i migliori burattinai dei suoi tempi e insegnando il mestiere ai più giovani, tra i quali ricordiamo suo nipote Demetrio Presini.

La collezione comprende: 3 burattini, 3 teste, fotografie, articoli.

Bibliografia
• Bergonzini, Maletti, Zagaglia, 1980
• Cervellati, 1964
• Mandrioli, 2001
• Menarini, Piero, 1985

Mantovani Carlo (Castel d’Ario 31/10/1882 – Mantova 17/02/1969).
Nacque da Alessandro, contadino e falegname, e da Felicita Piacenza; suo nonno era uno “zoccolaro” che faceva anche il burattinaio. E’ da quest’ultimo che Carlo imparò il mestiere e quando ebbe diciotto anni debuttò a Pradelle di Nogarole Rocca (Vr) con la commedia L’isola misteriosa. Si sposò a Porto Mantovano il 22/03/1903 con Emma Laurenti che diventò la sua aiutante. Lavorò per circa cinquant’anni tra le province di Mantova, Verona e Reggio Emilia, dipingendo le scenografie ed adattando i copioni. Mantovani, che come protagonisti delle sue rappresentazioni aveva preferibilmente Fagiolino e Sandrone, fa parte della generazione di quei burattinai che mettevano in scena oltre alle commedie, anche tragedie e drammi tra i quali annoveriamo: Sandrone Re dei Mammalucchi, La Fata Morgana, L’avaro, Il bugiardo punito, Il povero fornaretto di Venezia, Bianca e Fernando alla tomba di Carlo IV Duca d’Agrigento, Pia de’Tolomei, Genoveffa, I figli di nessuno, La voce del sangue.

La collezione comprende: 12 burattini.

Marengo
Nella II metà dell’800 in Piemonte c’erano diverse compagnie marionettistiche che portavano questo nome, e dai documenti fino ad ora raccolti non si sa se erano imparentate fra loro.
Una era quella intitolata a Carlo Marengo, la cui maschera principale era Gianduja e di cui nell’Archivio Comunale di Cherasco rimane l’elenco dei titoli delle produzioni date nel 1889 e nel 1891, alcune delle quali sono: Bricca di Pianezza, La fondazione d’Asti, Il Monte Gran San Bernardo, Una pagina sconosciuta del re Vittorio Emanuele. Nella stessa compagnia agiva una certa Griselda Marengo.
Un’altra compagnia era quella di Giovanni Marengo, di cui rimane traccia sempre a Cherasco nel 1887 e nel 1892.
Vi era poi la Primaria Compagnia italiana d’Arte Marionettistica “F.lli Marengo” di cui gli esponenti più lontani sono: Leonida, che era condirettore e amministratore della compagnia, sua sorella Giovanna (che sposò Giuseppe Burzio, membro anch’egli di una nota famiglia di marionettisti) e il fratello Adalberto (direttore della compagnia, insegnante e pittore). La figlia di Leonida, Margherita, sposò Giovanni Burzio. I F.lli Marengo agivano con marionette manovrate con sistema Holden e le maschere principali erano Facanapa e Gianduja; i loro “tour” erano localizzati nell’Italia nord – occidentale: abbiamo notizie concernenti i loro spettacoli nel 1921 a Trecate al teatro Comunale “Vittorio Emanuele II”, e successivamente a Bergamo al Teatro Oratorio S. Cuore, a Cremona all’oratoro S. Luigi, e in Valtellina. Il repertorio comprendeva sia i classici del teatro delle marionette che molte rappresentazioni a sfondo religioso come Il dramma di Cristo. La passione sul Calvario di N.S.G.C. oppure Un’italiana per le vie del mondo. Santa Francesca Saverio Cabrini.
Si hanno notizie anche di una certa Italia Marengo che sposò Giuseppe Gambarutti (membro della famiglia di marionettisti – burattinai) e di un Marengo di cui si conosce il copione La maschera di ferro, conservato alla Civica Scuola d’Arte Drammatica a Milano.

La collezione comprende: 9 marionette, articoli, fotografie, 1 manifesto e 9 copioni (I tre gobbi di Damasco, Lasco il bandito della Valsassina, Margherita Pusterla, Il trovatore, Apparizione della Madonna del Bosco, Fiore della Palude ovvero S. Maria Goretti, I miserabili, Gli schiavi di Costantinopoli, Arioaldo Duca di Torino).

Bibliografia
• Cipolla, Moretti, 2001
• Litta Modignani, 1985

Menotti
Questa famiglia di marionettisti ha origine con Andrea (Vicenza 1820 – 1896) e prosegue con i figli di questo, Achille (Vicenza 1860 – 1928) e Franco (Vicenza 1863 – 1908). La maschera principale del teatro dei Menotti era Facanapa e il loro repertorio comprendeva tutti i generi di produzioni dell’epoca, dai soggetti religiosi ai cicli del brigantaggio, delle famiglie reali ecc; Andrea, tra le altre collaborazioni, recitò quasi tutto il mese di ottobre del 1876 con Giovanni Battista Dell’Acqua al teatro Nazionale di Udine. La zona operativa della famiglia era l’Italia nord – orientale.

La collezione comprende: 3 marionette, 1 volantino e 8 copioni (La nuova sinfonia di Facanapa, Arlecchino cavaliere per forza, Facanapa Cenciaiuolo, Il sogno d’Arlecchino ossia Il trionfo, La gazza ladra, Le avventure d’un ciabattino, Le metamorfosi d’Arlecchino, La gran giornata di Facanapa).

Bibliografia
• Litta Modignani, 1985
• Pretini, 1985

Monticelli
E’ una delle famiglie italiane che da più tempo si occupa di teatro d’animazione.
Il capostipite fu Ariodante che nacque circa nel 1820 (forse a Mantova). Oltre che valente animatore (la maschera principale era Famiola) viene ricordato come abilissimo scenografo: lavorò su tutto il territorio nazionale proponendo il suo repertorio, di cui evidenziamo alcuni titoli: Otello il moro di Venezia, Ugo e Parisina, I promessi sposi, Macbeth ovvero l’assassinio di Duncano Re di Scozia, Ernani il masnadiero ossia le elezioni di Carlo V imperatore dei due mondi, I due sergenti al cordone sanitario di porto Wandrè, Malipieri, Matteo Visconti Duca di Milano, La battaglia di Legnano.

La scelta di intrecci melodrammatici a forti tinte si unisce … a una grande sapienza drammaturgica, dove la sintesi sicura del dialogo e la ricchezza degli effetti scenici si innestano su un’azione che procede per rapide scene. Particolarmente interessante è il copione del Macbeth, concepito per essere al servizio del carattere di Famiola che ne diventa in tal modo un personaggio cardine. E’ un’ eccezione rispetto ai copioni per marionette, dove normalmente la maschera si innesta sulla vicenda drammatica con un ruolo marginale, almeno dal punto della scrittura, lasciandi poi all’interprete ampi margini di improvvisazione. Il Famiola di Ariodante, invece, è protagonista a tutto tondo.1

Come facevano altri marionettisti della II metà dell’800 nei copioni, prima di ogni atto, indicava la diposizione dei personaggi sul palcoscenico. Si spense all’età di novanta anni.
Ariodante ebbe cinque figli: Eloide, Angiolina, Dolores e Natalina che per lungo tempo aiutò il fratello Vittorio, chiamato anche Cesare.
Vittorio, nato a Robbio (Pavia) nel 1850 circa, lavorò in Piemonte e Lombardia prima di spostarsi definitivamente in Emilia, dove riscosse un buon successo. Negli ultimi anni della sua carriera si esibì a Modena, Bologna, Ferrara, Rovigo, Verona. La maschera principale rimase Famiola e dei suoi spettacoli rimangono i copioni I pescatori del Rodano (1880) e Il Trovatore (1890). Trascorsi due anni dalla morte di Vittorio (1926) la moglie Genoveffa Peli, abile marionettista e autrice di spettacoli per il teatro delle marionette, si risposò con Agostino Galliano Serra , pittore e scenografo che collaborava già con la famiglia Monticelli. I due costituirono una compagnia di burattini chiamata "Compagnia Burattineide del prof. Serra" che agì nei dintorni di Bologna e Imola soprattutto in corti, scuole ed osterie.
Vittorio Monticelli ebbe 6 figli che per un breve periodo dopo la scomparsa del padre lavorarono nella stessa compagnia (“Mondiali Fantocci Drammatici F.lli Monticelli”) il cui direttore era Otello e il rappresentante amministrativo ancora Agostino Serra: da un volantino sappiamo che lo spettacolo eseguito al Teatro Sociale di Novi di Modena il 29 giugno 1929 (Il giuramento di Pontida; ballo L’incendio di Cartagine) era accompagnato dall’orchestra del teatro.
Vasco Monticelli nacque a Carpi il 23 ottobre 1907 e diventò uno dei più famosi marionettisti del ‘900. Oltre a lavorare in proprio, collaborò come operatore con le compagnie di Vittorio Podrecca e di Yambo (Enrico Novelli), e per un certo periodo anche con la compagnia “I Pupi” nata dall’unione di alcune famiglie marionettistiche (oltre a Vasco erano presenti gli Ansaldo, i Guidi e i Dina) con i quali si esibì in Europa e in Brasile. Con lui lavorò per molti anni Anna Maria, una delle due figlie (l’altra si chiamava Magda), e anche la moglie Teresa. Rientrato in Italia si fece burattinaio e lavorò fino alla morte, avvenuta nella città di Reggio Emilia il 21 febbraio 1967.
Nel repertorio marionettistico tra gli altri titoli figuravano: Cenerentola, Il Gatto con gli Stivali, Il Barbiere di Siviglia, Marionette…che confusione! Puccettino, I Pagliacci, Il Paese dei Campanelli, La Gheisha e Le avventure di Pinocchio che veniva proposto in quattro serate.
Otello Monticelli nacque a Fiorenzuola d’Arda (Pc) il giorno di Natale del 1905. Alla morte del padre costutì una propria compagnia e l’anno seguente si sposò con Nella Furlotti da cui ebbe tre figli: William (Salsomaggiore 07/09/1930), Loredana (Portile di Modena 27/08/1931) e Mirca (Parma 03/09/1936).
Nel 1934 Otello e Nella entrarono a far parte della compagnia di Yambo, con cui rimasero per anni accumulando una grandissima esperienza e affinando le capacità e da cui, nel 1950, acquistò una parte del materiale. Nel 1940 si esibì alcune volte insieme ad Enzo Baroni. Nel 1955 iniziò la collaborazione con Vittorio Podrecca che lo portò in tournée in tutto il mondo. Dal rientro in Italia, avvenuto nel 1961, Otello si dedicò totalmente ai burattini, del cui repertorio facevano parte: L’albero della fortuna, Biancaneve, Il gatto con gli stivali, Cappuccetto Rosso, Sandrone avvocato, Sandrone re, Faggiolino principe, Un conte calzolaio, La fata Morgana, L’acqua miracolosa, Fagiolino Cavaliere. Morì a Ravenna il 7 luglio 1991.
 Suo figlio William, insieme alla sorella Loredana, dall’età di quindici anni cominciò a fare spettacoli di burattini, e venne scritturato dalla compagnia I Piccoli (per la quale lavorò anche Mirca) insieme al padre. Oltre che animatore e scenografo, viene ricordato come un ottimo costruttore.
Ultimi due discendenti della dinastia sono Andrea (Ravenna 08/11/1958) e suo fratello Mauro (Ravenna 02/09/1961) che portano avanti la tradizione di famiglia con la compagnia “Teatro del Drago”.

La collezione comprende: 7 marionette, articoli, fotografie, volantini, biglietti e 2 copioni (Il giuramento di Pontida, Lucia di Lammermour).

Bibliografia
• Bergonzini, Maletti, Zagaglia, 1980
• Cipolla, Moretti, 2001
• Pretini, 1985
• Vergani, Signorelli, 1979

Murovec Adolfo (Fiume 17/08/1900 – Varese 27/07/1973).
Questo burattinaio si esibiva prevalentemente nella provicia bergamasca e le sue maschere principali erano Gioppino e Meneghino. Era aiutato dalla moglie e in seguito anche dalla figlia Liliana. Negli ultimi anni della sua vita risiedeva a Masnago, vicino a Varese. Nel suo repertorio troviamo: La sepolta viva, Donne belle e brutte di Gioppino innamorate tutte (4 atti), Gli assassini alla corte della Regina con Gioppino carceriere e avvocato (4 atti), Gioppino sentinella dei morti (4 atti), Il sogno di Gioppino (ballo), La Fata Morgana, Il ritorno dal Campo con Gioppino distruttore della setta dei solitari di Tebe, Gioppino protetto dal Mago del bene, Le 33 disgrazie di Gioppino e Gioppino in giro per Milano alla ricerca della sposa, che, secondo il giornalista Cesare Giardini (L’Arena 15/09/1964), altro non è che la rivisitazione della commedia di Molière Monsieur de Pourceaugnac.

La collezione comprende: 2 burattini, 1 testa, articoli, lettere, fotografie, volantini e 3 copioni (Gioppino frate per disperazione, Un giuramento sul campo di battaglia, Un tradimento alla corte di Spagna).

Niemen Gualberto (Tronzano Vercellese 06/08/1905 - Biandronno 19/08/2003).
Figlio di Giuseppe e Virginia Caprani, una coppia di acrobati che lavoravano sia nei circhi che nei teatri di varietà, oltre a condurre una piccola arena da ginnasta nei mesi estivi. Tutta la famiglia, anche i parenti acquisiti, lavorava nell’ambito degli artisti girovaghi: lo zio Umberto Caprani era contorsionista e comico; Roberto Taitov, cognato della mamma di Gualberto, era musicista, trasformista, attore di varietà e scenografo; lo zio Cesare Costa (marito della sorella di Giuseppe) era un marionettista.
Virginia Caprani morì il 27 maggio 1911 cadendo dal filo sul quale si esibiva.
Gualberto fin da piccolo, oltre ad essere contorsionista, era un appassionato del teatro d’animazione. Frequentava il teatro Gianduja dove vedeva le rappresentazioni dei F.lli Lupi; quando il padre fu richiamato alle armi durante la Grande Guerra egli viveva con la matrigna Anita Tonini in un campo vicino a Torino. Su quel campo vide il burattinaio Giacomo Canardi che muoveva Gianduja e in seguito anche il marionettista Domenico Francia.
Finita la guerra la famiglia Niemen ricominciò ad esibirsi nei rioni e nella provincia di Torino; nel 1919 Gualberto comperò da un certo Bogni, un vecchio stagnino che era stato anche burattinaio, una cassa di burattini a bastone, quindi si costruì un teatrino e quando non era impegnato con i numeri acrobatici si esibiva in alcune rappresentazioni. Il suo primo spettacolo, con la S maiuscola, fu Il nuovo Caino eseguito nell’agosto del 1921. Conobbe burattinai e marionettisti come i Marengo, i Burzio, i Gambarutti, Ferdinando Garda e i Concordia. Con la famiglia Garda si esibirono per un periodo nelle stesse sere, in piazze diverse, “sfidandosi” per chi avesse maggior affluenza di pubblico.
Nel repertorio di Niemen i classici del teatro d’animazione ( Bianca e Fernando, Mayno della Spinetta, Musolino, Il povero Fornaretto di Venezia ecc.) si affiancano a produzioni autografe quali L’acqua miracolosa, La storia dla vaca rusa con Gianduja guardiano al cimitero di Costantinopoli, Il re della foresta alla caccia dell’uomo. Uno dei suoi “pezzi forti” era La iena di S. Giorgio, storia che già metteva in scena il burattinaio Canardi e che si basa sulle leggende metropolitane che hanno come soggetto macellai, osti, o cuochi che confezionano i loro piatti con la carne degli uomini che assassinano. Niemen per parecchio tempo la recitò a soggetto e poi ne scrisse il copione.
Sue creazioni sono Testafina, nato nel 1921 e co – protagonista insieme a Gianduja, Battista Diareja e Capitan Bobò. In una lettera spedita a Giordano Ferrari il 20 marzo 1980 Gualberto descrive il carattere di queste maschere:

Testafina è vestito come nella foto: giacca a quadretti a smoch, camicia bianca con farfallino e pantaloni blu scuro. Sempre ottimista, benché a ogni spavento, per motivi d’igiene si deve cambiare la biancheria intima. E’ sempre amico, compagno e spalla di Gianduia. Battista Diareja è anche lui un bonaccione, ma che però non può mai dare dei validi aiuti al prossimo al bisogno…perché è sempre impegnato anche lui col …bisogno personale… Il Capitano Bobò è un burbero bonario ma non è sempre fortunato in combattimento ecc. Qualche volta viene anche degradato. … Una volta, 47 anni fa in un paese dell’alessandrino, di notte mi ribaltarono il casotto dei burattini, appunto perché c’era una persona del paese che assomigliava tutto a B. Diareja. Dovetti portare il burattino in comune e dare le prove che lo avevo fatto 6 anni prima.

Nel 1964 si stabilì a Biandronno, nel varesotto, e si ritirò ufficialmente dal teatro di animazione, continuando a lavorare come decoratore e ogni tanto facendo qualche rappresentazione sia come attore che come burattinaio. Nel 1978 un incendio distrusse gran parte del suo materiale teatrale. Niemen era uno dei veri rappresentanti degli artisti girovaghi (paragonati a volte agli zingari, ma dai quali loro stessi si distinguevano chiamandosi i dritti); iper - critico verso sé stesso ha sempre cercato di dare il massimo e oggi viene ricordato come uno dei migliori rappresentanti della tradizionale arte dei burattini.

La collezione comprende: lettere, locandine, volantini, articoli.

Bibliografia
• Cipolla, Moretti, 2001
• Litta Modignani, 1985
• Porta, 2000
• Pretini, 1985
• Quaderni del Teatro d’Animazione, 1998

Onofrio Giuseppe (Genova 23/07/1925 – Castelgoffredo 26/12/1988).
Nacque da Maria Cima e Giacomo Onofrio (1904 – 1964), discendente da una famiglia di artisti circensi. Suo padre quando aveva trent’anni si ruppe una gamba e dovette abbandonare la vita da acrobata. Nel corso della degenza si avvicinò al teatro d’animazione facendosi dare alcuni piccoli burattini dalle suore dell’istituto e improvvisando spettacoli per i ricoverati. Il successo che gli venne tributato gli fece continuare l’attività, e trasmise le sue conoscenze artistiche (sia da contorsionista che da burattinaio) a Giuseppe e alle figlie Luigia (1927) e Portesina (1930).
Dopo aver lavorato a lungo insieme, nel 1955 i componenti della famiglia Onofrio si separarono. Luigia e Portesina continuarono con l’attività circense, mentre Giuseppe, che lavorava già nel teatrino del padre, si stabilì a Concesio in provincia di Brescia e si dedicò completamente ai burattini. Durante l’inverno rimaneva presso la sua dimora mentre nei mesi estivi girava con il suo padiglione capace di contenere fino a seicento persone, con la moglie Fulvia Picardi e i figli Giacomino e Fernanda che lo aiutavano nel maneggio, mentre le voci erano di sua esclusiva competenza.
Il suo “giro” comprendeva preferibilmente la Lombardia con qualche puntata nel veronese e nel Canton Ticino e le maschere principali del suo teatro erano Gioppino e Brighella; i burattini se li faceva scolpire dal Manzoni, noto scultore detto Rissolì. Nel suo reperetorio si trovavano, sotto forma di copioni e/o canovacci, Gioppino milionario, La bella cameriera, Il Vendicatore (un episodio di cronaca del 1914), Pacì Paciana, Il castello di Satana, Gioppino ballerino.
Giuseppe Onofrio ha sempre considerato il suo teatro principalmente rivolto agli adulti, e riusciva ad improvvisare ampiamente sulle commedie che conosceva a memoria. Fece il suo ultimo spettacolo a Salò, la sera del 9 ottobre 1969, dodichè si ritirò dalle scene per cause di salute.

La collezione comprende: volantini, foto e articoli.

Bibliografia
• Litta Modignani, 1985

 
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